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Channel: novembre 2015 – stop fonti fossili!
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Salvate il soldato Rubisco

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Spesso mi ritrovo a pensare a come dovevano apparire i luoghi consueti dove si svolgono le nostre vite cento, mille anni fa o qualche era geologica fa. Mi piace immaginare il paesaggio incorrotto, la vegetazione lussureggiante e il crogiolo di specie viventi che si contendevano i raggi del sole e condividevano l’acqua, il suolo e le altre risorse. Poi mi desto, mi guardo intorno, osservo il brulicante viavai delle auto, l’asfalto che ricopre le strade, il cemento dei palazzi, e penso all’immensità del tempo che è stato necessario a quella vegetazione e ai milioni di tonnellate di materia organica prodotta sulla Terra per trasformarsi nelle risorse fossili – petrolio, gas, carbone – che oggi rendono possibili le nostre vite artificiali e frenetiche.

In un periodo che su scala geologica è meno di un batter di ciglia, una sola specie vivente fra le milioni passate e presenti ospitate dalla Terra ha irresponsabilmente dilapidato quel patrimonio inestimabile di energia concentrata, risputando in atmosfera il carbonio che l’infinita pazienza della natura ha immagazzinato nei combustibili fossili nel corso di milioni di anni. Come se non bastasse, quella stessa specie, che pure si vanta di essere intelligente, sta allegramente distruggendo anche le risorse presenti (minerali, foreste, oltre a un gran numero di altre specie animali) e persino quelle future grazie ad un’invenzione diabolica chiamata finanza, che pretende di conferire valore a beni non ancora prodotti basandosi sull’assunto che tutto continuerà ad andare come è andato dall’inizio di quel battito di ciglia.

Penso spesso anche alla fortuna per noi abitanti di quest’angolo di universo di poter beneficiare di uno spaventoso reattore nucleare quale è la nostra stella, posta precisamente ad una distanza non troppo ravvicinata da bruciarci con le sue radiazioni letali e non troppo lontana da privarci della giusta quantità di energia. Come viene insegnato nelle scuole, l’energia solare è la fonte di energia primaria sulla Terra, ma questo concetto è di non agevole comprensione per molti di noi, individui cresciuti nelle città e plasmati da una cronica alienazione dalla natura, per i quali l’ambiente ha tutt’al più un valore estetico o ricreativo. Per costoro l’energia solare è solo quella degli impianti fotovoltaici e dei pannelli per la produzione di acqua calda, spesso considerati null’altro che complementi opzionali all’energia fossile, la sola che conta e che può garantire il benessere.

Come invece sappiamo, l’energia della radiazione solare è il presupposto stesso della vita sulla Terra, ma è solo grazie al suo immagazzinamento in legami C-C e C-H ad alta energia che possiamo disporre della biomassa di cui ci nutriamo oggi e di quella che le ere geologiche hanno trasformato in risorse fossili. Se poi ci addentriamo nel labirinto delle trasformazioni biochimiche cruciali per la vita, noteremo una reazione che spicca sulle altre, un singolo step che a me è sempre apparso una sorta di miracolo. Questo miracolo ha un nome astruso che non dice nulla a chi non ha studiato chimica biologica: si chiama ribulosio-1,5-bisfosfato carbossilasi, per gli amici RuBisCO, l’enzima chiave nella fotosintesi clorofilliana perché catalizza la reazione di fissazione del carbonio contenuto nella CO2 atmosferica nella materia organica. Grazie a questa proteina, che non per niente è la più abbondante sulla Terra, una molecola estremamente stabile caratterizzata da forti legami chimici come la CO2 è in grado di reagire dando luogo a composti del carbonio instabili e versatili, che a loro volta si trasformano in strutture autoreplicantisi enormemente complesse e ordinate quali sono i sistemi viventi, i più lontani dall’equilibrio termodinamico. Per la funzione che svolge, la RuBisCO costituisce una sfida dichiarata al principio di massima entropia, e per questo mi sono chiesto come mai nessun teologo o filosofo della scienza si sia azzardato a teorizzare che questa macromolecola potesse costituire una prova dell’esistenza di Dio (del resto, solo un dio può contrastare le leggi della fisica).

Lo stupore per ciò che la RuBisCO è in grado di fare è se possibile ancora più grande se si pensa che questo enzima è lo stesso che catalizza la respirazione delle piante, le quali in assenza di luce consumano O2 anziché CO2. Man mano che la concentrazione di O2 aumentava nell’atmosfera primordiale, il sito catalitico della RuBisCO si evolveva diventando sempre più affine alla CO2 rispetto all’O2, vincendo il gradiente di concentrazione e garantendo in tal modo che il bilancio netto restasse sempre favorevole alla produzione di biomassa. Oggi, nonostante la concentrazione di CO2 sia 530 volte più bassa di quella dell’O2, la RuBisCO rende possibile il sequestro di 50 miliardi di tonnellate di carbonio l’anno ed è di fatto l’unica forza che senza clamore, coadiuvata dalla luce solare, cerca di contrastare il riscaldamento globale antropogenico. Sotto la spinta della minaccia dei cambiamenti climatici, l’homo technologicus sogna di surrogare la natura proponendo analoghi sistemi di cattura e sequestro del carbonio in uno sforzo improbo di dubbia realizzabilità e sostenibilità, ma non può non riconoscere che lo straordinario meccanismo che l’evoluzione ha selezionato generando la meraviglia del regno vegetale è ineguagliabile per efficienza ed efficacia, oltre che per bellezza.

Il dramma è che questo meccanismo pressoché perfetto è seriamente minacciato dall’indole autodistruttiva dell’homo sapiens: considerando il rapporto fra la massa di RuBisCO presente sulla Terra e la popolazione umana come un buon indice della salute complessiva dell’ecosfera in relazione alla capacità di carico del pianeta, è stato stimato che questo valore è passato da circa 100 kg per abitante nel 1979 a soli 5 kg per abitante nel 2015. Si tratta di una differenza abissale occorsa in un tempo brevissimo, a cui hanno evidentemente contribuito sia la riduzione del numeratore (la drammatica perdita di superficie forestale) che l’aumento del denominatore (la popolazione del pianeta). Se poi sostituiamo la popolazione umana con i numeri corrispondenti a tutti gli individui delle specie animali quell’indice è certamente peggiorato in misura ancora più drammatica, se solo si considera che l’aumento annuale delle unità di animali da allevamento è pari al 2,4% contro l’1,2% dell’aumento della popolazione umana.

Insomma, sarebbe il caso di rendere grazie con tutti gli onori al sofferente Regno Vegetale, inchinandoci solennemente dinanzi al suo umile e valoroso soldato semplice Rubisco, che eroicamente cerca di difenderci dalla incombente catastrofe senza chiedere in cambio null’altro che di poter svolgere il compito a cui è stato chiamato.


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