Chiedereste al vostro commercialista come differenziare i rifiuti, quale sistema di riscaldamento domestico impiegare, come rendere più verde il vostro giardino o cosa fare per ridurre l’inquinamento generato dai vostri spostamenti? Ovviamente no, e se lo faceste credo che l’interessato nutrirebbe seri dubbi sulla vostra salute mentale. Nel qual caso dovreste però rassicurarlo, ricordandogli che in Italia la carica politica investita dell’autorità di governare i drammatici problemi ambientali di cui soffre il nostro Paese è, giustappunto, un commercialista.
Stiamo parlando dell’On. Gian Luca Galletti (non scrivete Gianluca tutt’attaccato, ché potrebbe arrabbiarsi), Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nel Governo Renzi, ex UdC, considerato uomo di Pierferdy Casini, bolognese come lui. Va bè, ma che c’è di male se un Dottore-Commercialista-e-Revisore-Ufficiale-dei-Conti si occupa di ambiente? In principio nulla, ma ci si aspetterebbe almeno che nel suo curriculum si trovino quantomeno indizi che indichino che costui abbia qualche competenza in materia, o che vanti una particolare sensibilità per i temi ambientali. E invece niente: la lettura del profilo del Ministro riportata nel sito MinAmbiente non lascia alcuna speranza su questo, nulla di nulla nel suo passato di peone che profumi almeno lontanamente di natura. Quel posto Galletti l’ha ottenuto sulla base del Manuale Cencelli per evidenti ragioni di equilibri politici, e poi perché nessun ministro di spessore doveva far ombra a Renzi, meno che mai un potenziale rompiscatole come magari sarebbe stato qualche esponente della galassia ambientalista.
Con queste premesse, un Ministro della Repubblica avrebbe dovuto farsi in quattro per cercare di emergere dall’anonimato e far parlare di sé mostrando ai suoi critici cosa è in grado di fare e come riesce ad incidere sui problemi. Purtroppo però, a distanza di quasi due anni dal suo insediamento, il nome di Gian Luca Galletti dice poco o niente agli italiani: scorrendo l’indice di gradimento/popolarità dei ministri misurato in una recente indagine demoscopica il Nostro è classificato miseramente terzultimo (paradossalmente avrebbe avuto più notorietà da ultimo, come è risultato Alfano). Sarebbe però ingeneroso sostenere che il Galletti bolognese sia rimasto tutto questo tempo a scaldare la poltrona: scorrendo la rassegna stampa sul portale del Ministero si trovano in effetti una serie di ambiziose e pregnanti iniziative intraprese da Gian Luca, fra cui spicca una proposta di legge per vietare ai fumatori di gettare i mozziconi di sigarette in strada, efficacemente sintetizzata dal titolo “Galletti: giuste le multe sulle cicche ora il Parlamento acceleri”.
Ma per fortuna o purtroppo, per dirla alla Giorgio Gaber, GLG non si è occupato solo di cicche ma anche di questioni molto molto più serie come quella climatica. Con un vero e proprio coup de théâtre, a proposito dell’imminente Conferenza di Parigi la scorsa settimana Galletti ha dichiarato che l’obiettivo della delegazione italiana sarà quello di puntare a contenere il riscaldamento globale entro 1,5°C. Confesso che quando l’ho letto sono sobbalzato sulla sedia. Ma come? Il ministro non può non sapere che fra 2°C, che è il target di cui tutti parlano, e 1,5°C c’è un abisso in termini di rapidità e profondità della riconversione dell’economia necessaria, come non può non sapere che il target di 1,5 gradi fa a pugni con l’obiettivo fissato dall’UE nel suo INDC, che è un deludente -40% delle riduzioni di CO2 al 2030 rispetto al 1990. E allora perché cercare di abbindolare gli italiani con una uscita estemporanea di questo genere a due settimane dalla COP21, senza averci lavorato in tempo proponendola in sede europea e spingendo perché quella fosse la posizione dell’intera UE? E poi, mi chiedo con che credibilità si vorrebbe proporre un target così ambizioso a livello globale quando le politiche del governo di cui Galletti fa parte vanno in tutt’altra direzione, dalle trivellazioni petrolifere nei nostri mari (peraltro sostenute apertamente dallo stesso Galletti, cosa che trovo allucinante per un Ministro dell’Ambiente), agli ostacoli di ogni genere allo sviluppo delle rinnovabili fino all’aperto appoggio all’Eni che continua indisturbata nei suoi progetti di esplorazione di petrolio e gas in giro per il mondo (non dimentichiamo che l’azionista di riferimento di Eni è il Ministero dell’Economia).
Ma c’è dell’altro, che dimostra a mio avviso la totale inadeguatezza di un politicante di bassa caratura divenuto ministro senza averne le qualità e l’autorevolezza. Nella stessa occasione in cui ha buttato lì il target di 1,5 gradi, riferendosi al Protocollo di Kyoto il ministro ha dichiarato che l’Italia ha rispettato gli impegni presi, ovvero ha raggiunto l’obiettivo della riduzione del 6,5% delle emissioni climalteranti nel periodo 2008-2012 rispetto al 1990 assegnatole dall’UE (che pure è ben poca cosa, tenendo conto fra l’altro del notevole ‘aiuto’ in questa direzione fornito dalla crisi economica acuitasi proprio a partire dal 2008). Galletti però non ha detto come si è arrivati al rispetto degli impegni. Ora guardate bene quest’articolo con annessa foto che ritrae il Nostro sorridente insieme al suo collega polacco Grabowski.
L’articolo è del 6 ottobre scorso, e fa seguito ad una furtiva visita di Galletti a Varsavia dove è stato siglato un accordo per la cessione all’Italia di crediti di emissioni (AAU) per un valore di 4,7 milioni di euro, naturalmente a carico dei contribuenti italiani. In pratica la Polonia, avendo già conseguito i propri obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto e dall’UE, ha venduto all’Italia una tranche del proprio surplus di quote di “diritti ad inquinare” consentendo all’Italia di centrare a sua volta il target, che altrimenti non sarebbe stato raggiunto. Va notato che i paesi firmatari del Protocollo di Kyoto hanno tempo fino al 18 novembre di quest’anno per trasferire i propri “permessi” eventualmente acquistati con il meccanismo dell’Emissions Trading nell’apposito registro contabile tenuto dall’UNFCCC. Questa transazione ha rappresentato dunque la ciambella di salvataggio che in zona Cesarini ha consentito al ministro di potersi vantare del raggiungimento formale del target, conseguito grazie ad uno strumento da sempre fortemente controverso e oggi criticato da tutti in quanto opaco (le parti non hanno reso nota la quantità di crediti ceduta, ma solo il loro valore), scandalosamente speculativo e non affatto idoneo a ridurre le emissioni di gas serra.
Vale la pena rimarcare che la notizia della compravendita delle emissioni fra Italia e Polonia (pubblicata qui e qui) non è stata riportata da alcun organo di stampa in Italia. E’ verosimile che il governo abbia tentato in qualche modo di non farla trapelare in quanto scomoda e in contrasto con l’immagine di un Paese che si vorrebbe in prima linea nella battaglia contro i cambiamenti climatici in vista della Conferenza di Parigi. Vero è che il sostanziale non raggiungimento degli obiettivi di Kyoto, che riguardavano come detto le emissioni prodotte nel quinquennio 2008-2012, non è direttamente attribuibile a Galletti ma al fallimento delle politiche climatiche attuate dall’Italia nei passati quindici anni. Può darsi quindi che nella situazione contingente il ministro abbia avuto valide ragioni per volere questo accordo con la Polonia; non è però tollerabile che egli si vanti di aver centrato gli obiettivi di Kyoto omettendo di spiegare come ciò sia stato possibile. Il Galletti ha cantato ma non abbastanza: credo che egli avrebbe ora il dovere di andare in Parlamento e riferire in modo trasparente sull’operazione, promettendo solennemente che l’Italia cambierà registro nelle sue politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici e non farà più commercio di emissioni.
A proposito, ora capisco perché è stato scelto un commercialista per fare il Ministro dell’Ambiente!